La storia del naturismo a Trieste e in Italia

LE ORIGINI

Ernesto Guido Gorischegg (190 1-1988) con la consorte - foto 1932.
Una fonte attendibile per quanto concerne le origini del movimento naturista in Italia è rappresentata da Ernesto Guido Gorischegg (1901-1988), nato a Graz (Austria), ma naturalizzato triestino e coniugato con una signora veneta di Bassano del Grappa.
Ho conosciuto ambedue già anziani a Trieste e sono in possesso di consistente documentazione che lui stesso mi aveva messo a disposizione nonché di un ricchissimo scambio di corrispondenza che è durato parecchi anni.
Trascrivo più avanti i tratti essenziali di un promemoria che Gorischegg mi aveva mandato, perché egli fu una delle persone più edotte in materia di naturismo essendo vissuto tra le due epoche, quella del naturismo in parte reticente anteriore alla seconda guerra mondiale e quella degli anni ‘50-’70.
Prima peraltro di esporre le testimonianze di Gorischegg e per motivi di imparzialità, anche per il fatto che nella prima edizione di questa storia non avevo parlato di un altro valente pioniere, per il semplice fatto che allora mi mancava tale documentazione, vorrei porre sullo stesso piano il Dr. Bruno Zuculin, del quale più avanti entrerò nei particolari. Forse Zuculin fu il primo italiano a scoprire il nudismo. Se Gorischegg ha rappresentato la corrente tedesca in Italia, Zuculin era legato a quella francese al punto da essere diventato amico di Marcel Kienné de Mongeot, fondatore del movimento naturista francese. Sapevamo che c’era stata una corrente naturista in Italia, sostenuta dai gimnòsofi francesi, ma non avevamo documenti sufficienti oltre ai nomi pubblicati nelle riviste naturiste estere. In alcuni numeri della rivista Vivre d’abord sono indicati, tra i corrispondenti esteri, il Dr. Bruno Zuculin di Roma e, tra gli animatori, Giovanni Lodigiani di Milano.
Scrive dunque Gorischegg:
 “La Rassegna della Liburnia Anno 1/1-2-3 ha riprodotto il testo integrale degli articoli “Il naturismo in Germania” in due puntate, e “Hans Surén e la sua cultura classica del corpo” (su H. Surén si veda: D.Agnoli, Storia del naturismo nei Paesi di lingua tedesca, 1996, N.d.A.), che l’Idea naturista, Milano, ha pubblicato nel 1931-32 e con i quali avevo sperato di aprire un varco per le idee e i concetti della Freikòrperkultur, del naturismo integrale, come quella volta si diceva per non confondere i vari significati che la parola poteva avere. Ma purtroppo, dopo il mio articolo su Surén ricevetti una lettera da Paoletti che mi dichiarava che non poteva accettare altri articoli di quel genere per cui ho troncato quella relazione, mentre a Trieste - sia la sezione autonoma dell’Unione Naturista Italiana che vari abbonati triestini - continuavano a ricevere dall’estero senza inconvenienti riviste illustrate di naturismo integrale sino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Il libro di Paoletti Naturismo: arte del vivere ha colmato una lacuna nella scarsa letteratura italiana sul naturismo, perché il tema è stato trattato da un angolazione filosofica, ma in nessun punto del testo vi è una parvenza di considerare implicito il concetto del naturismo integrale, superficialmente chiamato “nudismo” Anzi, Paoletti lo fa capire molto bene, a cominciare dal capitolo “Nudismo” a pag. 21 e con i ripetuti richiami “non abbiamo bisogno di ripetere che tutto ciò non ha nulla a che fare col nudismo”... La parola “naturismo” si presta a barare ed a mistificare - ciò che è stato anche fatto -  ma Paoletti certamente non è il fondatore del “naturismo integrale”, della FKK in Italia, e neanche un precursore. I precursori sono tutti a Trieste: Augusto Guastalla 1847, Arnoldo Rikli 1853- 1906 (residenza e attività a Trieste), Tullio Cordon 1923 e poi vengo io (Gorischegg, N.d.A.) nel 1927, con gli articoli sul naturismo integrale - di cui due illustrati con foto FKK per la prima volta in Italia - nelle riviste triestine Fiamma Triestina e Fiamma Italica, e con la costituzione della sezione autonoma nel 1931.
Dopo la guerra, irritato e indignato per il doppio gioco di Paoletti -  che in Germania si professava amico della FKK, in Italia agiva invece come suo avversario (mentre nel 1930 avevo sperato di trosare in lui un commilitone) - mi sono tenuto in disparte. ma un bel giorno la Liburnia (Pres. Mantani) mi ha scovato, dopo aver trovato il mio nome citato nel libro di Eugenio Paulin “Nudità e Naturismo” stampato nel 1934 a Trieste, editore Moscheni, pregandomi di aderire alla Liburnia in qualità di socio onorario, ciò che dopo più di un anno di esitazioni e solleciti ho fatto...
(Trieste, 20 nov. 1979, f.to Gorischegg).
La presa di posizione di Gorischegg è piuttosto dura, specie nei confronti di Paoletti tuttavia, essendomi noto per la sua competenza e correttezza. posso comprendere che egli sia stato irritato dall’atteggiamento equivoco del Paoletti (e direi anche di Paulin). Certamente i tempi erano difficili, anche in Germania il regime aveva bandito la FKK nel 1933, ma allora non sarebbe stato più dignitoso promuovere un naturismo vero, ma clandestino, un naturismo delle catacombe? C’è stato anche questo, ma si sa poco di esso. Per quanto
Romano Mantani
riguarda Augusto Guastalla, che sarebbe stato il primo in senso assoluto secondo Gorischegg a parlare dell’istanza nudista, non si è in possesso di altra documentazione ad eccezione dalla citazione fatta da Gorischegg e di un breve scritto di Romano Mantani. Di Rikli si parla più avanti e così pure di Paulin, il quale ultimo conosceva bene il nudismo, ma si professava “antinudista”, basti leggere il suo libro, interessante, ma inneggiante sempre a Mussolini. Paulin ha avuto il merito di far conoscere l’esistenza del nudismo, pur a parole deprecandolo.

Si deve concludere che, a prescindere da Tullio Cordon (1923), del quale si sa poco e che non ebbe seguito, fu proprio Gorischegg colui che tra i primi parlò con chiarezza di nudismo naturista ben ché non sostenuto dalla reticente Unione Naturista Italiana di Paolettì.
Ritorniamo a Zuculin e riportiamo integralmente una sua lettera inviatami nel 1974, nella quale egli dichiara di aver trovato la prima edizione di questa storia “interessante e oggettiva”, ma manchevole per quanto riguarda i rapporti col primo naturismo francese, dal 1930 alla seconda guerra mondiale. Così scrive Zuculin:
Console d’Italia a Florianopolis, nel Brasile Meridionale, per la forte umidità di quella isola mi ammalai d’una grave sciatica che nel 1916 mi costrinse a letto per un paio di mesi. Quando mi alzai, per completare la cura mi vennero consigliate ore di bagni di sole; ovviamente al centro del trattamento doveva essere l’ anca, alla radice del nervo sciatico. Mi feci costruire una cabina in una spiaggia lontana e isolata per poter prendere il sole integralmente nudo. Così iniziai ad essere nudista.
Andato in pensione molto giovane, mi stabilii a Milano e poi a San Remo e Bordighera dove presi subito contatto con varie società francesi e mi recai dal 1930 al 1933 all’isola di Levante, dove i fratelli dottori Durville avevano trasferito la loro Héliopolis, alle sedi delle società di St. Raphael e delle due di Nizza, che frequentavo con assiduità regolarmente essendo iscritto ad una di Nizza, insieme ad altri Italiani.
Nel 1933 venni nominato Delegato a Buenos Aires dell’ENIT (ero già stato in Argentina come console d’Italia a Mendoza); ivi presi subito contatto con la società locale PANDA, della quale, data la mia lunga esperienza in Europa, venni nominato vicepresidente, carica che tenni dal 1934 al 1940, quando rimpatriai per l’entrata in guerra dell’Italia.
Durante un viaggio in licenza nei 1938 andai a Parigi e al Manoir Jan, sede dell’associazione di gimnosofia, divenni amico del suo presidente Kienné de Mongeot il quale - quando mi stabilii a Roma - mi nominò nel 1947 suo delegato per l’Italia. Dato che il mio nome e indirizzo erano stampati su ogni nume ro della sua rivista Vivre d’abord ricevetti per anni centinaia di lettere e di visite di nudisti francesi e di altre nazionalità.
Approfittando della mia conoscenza di sette lingue, scrissi articoli per varie riviste straniere, tra le quali l’inglese Health and Efficency, sul nudismo in Italia. Il 25 giugno 1950, su invito del Presidente Fankhauser, tenni una conferenza in lingua tedesca ad oltre cento soci dell’associazione svizzera, a Thielle sul Lago di
Bruno Zucculin
Neuchàtel sulla situazione del nudismo in Italia.

Frattanto, con nudisti venuti dall’estero e non pochi Italiani, in prevalenza donne, avevamo creato un gruppo di nudisti, con il quale ci recavamo all’Isola di Ponza e sulle spiagge, allora isolate e deserte, di Focene (dove oggi si affaccia l’aeroporto di Fiumicino) e al margine della tenuta di Castel Porziano. Spesso veniva anche il romano Federico Luzzatto, delegato di Vivre d’a bord in Israele, dove aveva un allevamento di polli. Continuammo tale attività per parecchi anni. 
Sono stato ovviamente uno dei primi a farmi socio dell’UNI che mi nominò capo dell’Ufficio di Corrispondenza di Roma, carica che occupo tuttora.
Sono certamente il più anziano dei nudisti italiani e continuo a praticare il nudismo ogni estate all’isola del Levante e in Istria.
La mia attivita dal 1946 oltre che come giornalista e scrittore di libri (quello sull’Argentina ha avuto due ristampe ed è l’unico scritto in Italia), consiste nel tradurre articoli di giornali esteri per l’Ufficio Stampa Estera della Banca d’Italia,
Da quanto sopra si deduce che Zuculin fu un personaggio di tutto rispetto, che ha conosciuto il nudismo fin dal 1916 (!) e che, anche grazie alle sue attività professionali e alle sue conoscenze linguistiche, ha potuto spaziare negli ambienti naturisti europei più avanzati di quel tempo.
Ritorniamo a Gorischegg come presentatore sulla Rassegna della Liburnia del 1978, 2/1, di un famoso articolo di Tullio Cordon, Professore di Educazione Fisica nelle scuole medie di Trieste, del 1923. Detto articolo era stato pubblicato a Milano nella rivista mensile Il Ginnasta, Bollettino Ufficiale della Federazione Ginnastica Nazionale, Nr. di Novembre 1923. Cordon si rifà alla Nacktkultur tedesca, in particolare a Richard Ungewitter (si veda: D.Agnoli, Storia del naturismo nei Paesi di lingua tedesca, 1996), con l’intento di far conoscere agli Italiani la “cultura del nudo”, una “corrente vivida di pura ed elevata civiltà”.
Cordon aveva idee chiarissime, come si deduce dalle righe che seguono:
…la riforma si presenta come una innovazione radicale, rivoluzionaria di tutti i rapporti sociali, come un sovvertimento di tutti i criteri che regolano la nostra vita sessuale e morale; e solo per ciò essa sembra inattuabile, od attuabile solo in parte, e per gradi. Toltane la paradossalità apparente, è doveroso ammettere che la “cultura del nudo” si basa su indiscutibili verità fisiologiche e che essa ha un contenuto e un fine essenzialmente e profondamente  morale. Noi dovremo intenderla soprattutto come reazione sana e ragionevolissima alle esagerazioni e aberrazioni della nostra civiltà.
La vita da nudi è, secondo i banditori del nuovo verbo d’umanità, condizione capitale di una ben intesa igiene fisica, spirituale e morale; è un fattore estetico e callipedico (ossia che favorisce la crescita di bambini belli e sani, N.d.A) di valore incomparabile; ma, soprattutto, è l’elemento fo sovrano dell’etica sessuale. Nonostante tutti i progressi tecnici - proclama Ungewitter - noi facciamo ancor sempre una cultura di cose, anziché una coltura di umani. Tutta la nostra educazione scolastica e familiare è su una falsa strada, perché col continuo accenno alla peccaminosità ed alla sconvenienza del nudo, essa non fa che riscaldare artificiosamente la fantasia dei giovani. In realtà, la nudità non ha invece niente a che fare con la pudicizia e con la vita sessuale. Il senso del pudore non esiste in natura (intende come nascondimento del sesso, N.d.A.), non è un istinto naturale, ma è un prodotto artificiale della nostra educazione errata. Gran parte dei cosiddetti delitti contro il pudore vanno attribuiti ad essa... Nella nostra enorme scempiaggine e profonda depravazione, noi riteniamo “bestiale” tutto ciò che è semplicemente “naturale”. E bestiale riteniamo troppo spesso il corpo ignudo. Invece non dovremmo affatto vergognarci di mostrare allo stato naturale il nostro corpo, quale ci fu dato da Dio...
Si lascino giocare, correre, saltare studiare i bambini dei due sessi in comune, finché si desti in loro spontaneamente il concetto sessuale. L’esperienza porrà da sola dei limiti... Uomini e donne d’ogni classe sociale, di ogni età, in ogni stagione e con qualunque temperatura, di giorno e di notte, si  sforzino di andare, il più possibile, ignudi... Il color bronzeo della pelle, indice ammirevole di salute e di forza, dev’essere -  oltre a polmoni e cuore sani, al ricambio regolare, alla massima elasticità e flessibilità di tutte le articolazioni - la meta finale cui deve ambire ogni uomo dalle vedute ampie e moderne...

TRIESTE

Sulle origini remote del naturismo a Trieste è già stato detto nelle precedenti pagine. Qui importa mettere in evidenza l’apporto dato al naturismo giuliano ed anche italiano dall’Associazione Naturista Umanista Liburnia che può essere considerata la naturale erede dei pionieri che precedettero la prima e la seconda guerra mondiale (Rikli, Paulin, Greenham, Gorischegg), e nello stesso tempo una corretta importatrice, tramite il suo fondatore Fabio Gregorat dei principi naturisti rappresentati dal mondo naturista tedesco e internazionale
Scrive Romano Mantani (25.10.1921 - 24.10.1995), che per oltre vent’anni ha retto le sorti della Liburnia e ne ha dato un’impronta anche culturalmente seria, in una circolare ai soci del 1976:
È stato Fabio Gregorat, un triestino educato nel clima del naturismo germanico, a lanciare l’idea di una associazione libera e democratica che sorgesse per spinta dal basso e contenesse le peculiarità di un naturismo giuliano, legato alla tradizione, ma nello stesso tempo aperto ai fermenti di rinnovamento riscontrabili nella vita delle associazioni dell’Europa centrale, poste, sotto certi aspetti, all’avanguardia rispetto al restante movimento naturista internazionale. Non va dimenticato che Fabio Gregorat era considerato uno dei più alacri organizzatori della gioventù naturista berlinese. La sua opera di educatore è stata molto apprezzata fra i soci del Verein für Körperkultur Berlin-Südwest e.V. che due anni fa ha festeggiato il 50° giubileo della fondazione.
“Con un proclama” apparso sulla rubrica “Segnalazioni” del quotidiano Il Piccolo di Trieste dell’autunno del 1963, Fabio Gregorat ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica triestina e giuliana sulla realtà e sulla attualità del naturismo, senza peraltro riuscire a rimuovere dall’inerzia i vecchi naturisti della regione più orientale d’Italia. E stato un’ incontro casuale sull’isola di Lacroma (di fronte alla città dalmata di Ragusa) fra lo stesso Gregorat e un altro naturista triestino, Sergio Serasin, che diede l’occasione di abbozzare un progetto di associazione che qualche anno più tardi doveva per l’appunto sfociare nella creazione della Liburnia.
“Il fervore del Gregorat nel cercare gli adepti, fra i giovani e i vecchi naturisti, riuscì a togliere dall’ombra quei triestini appartenenti ad associazioni svizzere o germaniche o anche non iscritti ad alcuna associazione (e conosciuti occasionalmente all’isola Rossa di Rovigno o altrove in Jugoslavia) e a sensibilizzarli sulla necessità di creare un organismo autosufficiente e autonomo, nonché pronto a soddisfare le necessità di tutti i naturisti. Fu così che il 16 settembre 1968 un gruppo di ‘pionieri’ sollecitati dallo stesso Gregorat stipulò lo statuto e l’atto di fondazione notarile della Associazione.
Già nel 1973 riferiva Romano Mantani in una lettera personale allo scrivente: “... ritengo Fabio Gregorat molto più importante per la storia del naturismo locale, in quanto è stato lui l’animatore, l’ispiratore e il vero fondatore della Liburnia. Sue sono tutte le iniziative dal 1963 al 1969 e sono quelle più importanti dell’epoca ‘pionieristica’: lo statuto, l’atto costitutivo, la prima organizzazione burocratica. l’impronta ‘etica’ basata sulla Freikörperkultur, l’aver cercato in tutti i modi di fondere le tradizioni mitteleuropee di Trieste con le esigenze ideali e federativistiche che imponevano (e impongono, oggi, a mio avviso) le linee di sviluppo del naturismo italiano. Sua è stata anche l’idea di adattare alla Liburnia il significativo attributo di ‘umanista’...”
Mantani era persona modesta e schiva, nello stesso tempo imponente, capace e creativa, aveva buoni rapporti col mondo tedesco, croato e sloveno del quale aveva buone conoscenze linguistiche, e soprattutto aveva la capacità di affratellare i naturisti di altro idioma. Si pensi all’iniziativa Alpe-Adria. Per comprendere i grandi meriti, anche di socializzazione internazionale, acquisiti dalla Libumia e dal suo presidente Romano Mantani basti riferirsi appunto all’ormai storico Incontro dei Tre Paesi che doveva poi chiamarsi dal 1983 Alpe-Adria.
Nata il 23.9.1973 per iniziativa triestina, l’Alpe-Adria fu da principio un incontro di triestini, austriaci e jugoslavi a Koversada. Poche decine all’inizio. Aumentando il numero dei partecipanti, dopo la “Hütte auf dem Mongart”, una località montana di confine nel cuore delle Alpi Giulie, che fu il primo punto di contatto, l’incontro ebbe sempre nuove sedi: Trieste, Lubiana, Wòrthersee, Rutar Lido, Solaris/Parenzo e infine nel 1985 il centro naturista di Monsena presso Rovigno poiché i partecipanti avevano superato le seicento unità! Dopo un calo di partecipanti in seguito alla guerra,nel 1997 i convenuti hanno superato le ottocento unità. È interessante notare che, mentre al principio si trattava di un incontro locale di naturisti dei tre Paesi confinanti (la Germania si era associata ben presto), dal 1993 in poi sono intervenuti rappresentanti della Rep.Ceca, della Slovacchia, della Russia, dell’Ucraina, dell’Ungheria.
Dal 1989 l’iniziativa è stata patrocinata dall’attuale Presidente della Federazione Naturista internazionale (INF-FNI) Karl J. Dressen che ha organizzato tavole rotonde sui problemi del naturismo internazionale con riguardo alle strutture naturiste della Croazia per cui l’incontro, che al principio ebbe soltanto il carattere di amicizia tra i tre Paesi confinanti, ha assunto una dimensione internazionale col sostegno ideologico e morale della Federazione Naturista Internazionale.

LA STORIA DELLA LIBURNIA


L'Associazione Liburnia nacque, con atto notarile, nel 1968, ad opera di quattro amici conosciutisi occasionalmente praticando il nudo–naturismo sull'Isola Rossa (Crveni Otok) in Istria, poco distante dalla cittadina di Rovigno.
Nacque sulla spinta dello spirito di rinnovamento che si andava affermando in quegli anni, raccogliendo l'eredità di apertura propria della cultura mitteleuropea e dei concetti della filosofia naturista presente a Trieste e nell'alto Adriatico sin dalla fine dell'altro secolo.
Erano tempi in cui il naturismo si praticava a livello pionieristico, recandosi all'estero  in luoghi appartati  ed i primi praticanti non avevano l'ardire di  uscire allo scoperto.
Fabio Gregorat
Fu Fabio Gregorat, un triestino che insegnando in Germania da anni aveva avuto modo di conoscere il naturismo d'oltr'alpe a lanciare l'idea di una associazione naturista triestina che riunisse i praticanti (alcuni iscritti ad associazioni svizzere o germaniche, molti non iscritti ad alcuna associazione) e cercasse di divulgare l’idea naturista al fine di produrre nuovi adepti . Un'associazione che facesse sue le peculiarità di un naturismo giuliano ma nello stesso tempo fosse aperta ai fermenti di rinnovamento provenienti dalle associazioni dell'Europa centrale.
Già nel 1963 con un “proclama” apparso sulla rubrica “Segnalazioni” del quotidiano di Trieste “Il Piccolo” Gregorat aveva cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica triestina e giuliana sulla realtà e sull'attualità del naturismo.
Così, stilato il primo statuto, il 16 settembre 1968 i quattro amici, Fabio Gregorat, Sergio Gregorat, Romano Mantani e Dario Vidmar, firmarono davanti al notaio Lassiani in Trieste l'atto di fondazione dell'Associazione Naturista Umanista Liburnia.
Il nome LIBURNIA viene dalla terra dei Liburni, popolo preromano di navigatori e pirati che si affacciavano sul Quarnero. Come un po' pirati si sentivano i primi naturisti liburnici nel trasgredire certe regole e nell'esplorare quegli stessi luoghi... Una curiosità storica: la “liburna”, nave agile e veloce che nella flotta romana aveva il ruolo di “caccia”, ove le “triremi” erano le “corazzate”, era stata presa pari dai Liburni. E la stessa nave, stilizzata, figura sullo stemma dell'associazione Liburnia.
Sorta terza in ordine di tempo fra le associazioni italiane, dopo l'U.N.I. di Torino e l'A.N.ITA di Milano, la Liburnia fu però la prima con una fisionomia spiccatamente regionale ed un suo territorio. Tant'è vero che in fase di gestazione si era pensato di chiamarla “Unione Umanista Nudo Naturisti Alto Adriatico”.
Tra i precursori possiamo ricordare Arnaldo Rikli, svizzero ma triestino di adozione (con le sue iniziative igieniste-naturiste intorno alla metà dell'800), e più tardi la “triade triestina” Greenham – Gorischegg – Paulin (di notevole importanza è la pubblicazione “Nudità e Naturismo” di Eugenio Paulin del 1937).
Guido Ernesto Gorischegg, personalità di spicco ed unico sopravvissuto dei pionieri, rintracciato da Romano Mantani che con lui strinse uno stretto sodalizio ideologico, ebbe modo con il suo ancora vivo entusiasmo di ispirare e di indirizzare la fisionomia e l'opera della Liburnia degli anni '70 e seguenti, facendo da tramite tra il vecchio naturismo triestino ed il nuovo naturismo di Gregorat.
Romano Mantani
Dopo i primi anni ed i primi presidenti (Fabio Gregorat, Paolo De Beden, Renato Bastianutto) fu chiamato alla presidenza dell'Associazione Romano Mantani, uno dei fondatori, persona di grande umanità e di cultura multietnica (di padre romagnolo e madre croata, parlava diverse lingue). Figura carismatica per il naturismo triestino e quindi italiano, egli fu per più di vent'anni alacre organizzatore e anima dell'Associazione, prendendo parte alle lotte civili per l'affermazione del diritto alla pratica del naturismo, tenendo i contatti con le direzioni dei campeggi naturisti della vicina Jugoslavia da un lato e con le varie associazioni italiane dall'altro, seguendo e animando le attività sociali, curando la pubblicazione della “Rassegna della Liburnia”, impegnandosi nella difesa dell'ambiente e partecipando a dibattiti ed iniziative, con equilibrio e con misura, fino al '94, anno della sua scomparsa.
Dobbiamo riconoscere che possedeva una visione ampia e lungimirante delle cose e dei fenomeni. Nemico delle “certezze” amava ripetere che per noi “filosofi” naturisti allorché ci avventuriamo in campi vicini e/o complementari del naturismo, come ad esempio l'ecologia, c'è il pericolo di procedere d'impeto, ma con dilettantismo, prendendo anche delle cantonate.
Nel '73 la Liburnia, nell'ottica del dialogo tra popoli e tra culture, è stata promotrice del primo incontro internazionale tra naturisti italiani, sloveni e stiriani svoltosi al rifugio del monte Mangart, (Koca na Mangartu) luogo scelto non a caso: sul confine italo sloveno, a pochi chilometri da quello austriaco.
Raduno sul Mangart - 1973
Da allora l'incontro dei naturisti dell'Alpe-Adria si ripete ogni anno, in località diverse, accompagnato da convegni, tornei ed intrattenimenti vari... fino a qualche anno si svolgeva nel campeggio di Monsena in Istria (Croazia) poi al campeggio Kazela di Medulin e al Valalta di Rovigno.  Attualmente ogni fine maggio-primi giugno l'Incontro si svolge al Villaggio turistico Solaris. Le regioni partecipanti con il tempo sono triplicate fino a contare su delegazioni di naturisti che giungono anche dall'Ungheria e dalla Russia.



Non contenti di essere ospiti graditi nei campeggi della Jugoslavia, verso la fine degli anni '70 i naturisti triestini hanno cominciato ad invadere pacificamente le spiagge di casa loro, sulla costa triestina, ambiente naturale selvaggio e unico, tra pareti di calcare e vegetazione illirico mediterranea, attestandosi in alcune località: Filtri di Aurisina, Costa dei Barbari...
Costiera triestina - La Concessione Liburnia
Nei primi tempi quando passava la motovedetta della Polizia tutti correvano a mettersi il costume... Ci fu qualche blitz delle Forze dell'Ordine, qualche denuncia... e la Liburnia prestò assistenza, anche legale ai perseguitati.
Nel '79 un poliziotto o carabiniere che fosse (del particolare si è persa memoria) con occhiali Ray Ban e pistola in pugno sbarcò alla Costa dei Barbari (la foto finì sui giornali). Circondato dai naturisti incuriositi (o minacciosi?) sparò un colpo in aria...
Poi, un po' per volta, il naturismo in quelle zone divenne un diritto acquisito e le motovedette si limitarono a controllare che i natanti non navigassero troppo vicini alla costa e avessero i documenti in regola.
E' notevole che qui da noi nudisti e tessili convivano civilmente lungo vari chilometri di spiaggia libera, senza recinzioni, non c’è discriminazione di alcun genere, ed un  tratto della stessa vede pure una forte presenza di omosessuali.  Sarà la cultura mitteleuropea...
Nell'80 la Liburnia ebbe in concessione dalle Ferrovie dello Stato un piccolo tratto di costa dirupata e pietrosa che divenne la “Concessione Liburnia”, il nostro piccolo parco naturale, la nostra base balneare. (Sebbene la maggior parte dei soci graviti intorno ai campeggi d'oltreconfine).
Era importante una nostra presenza legale sul territorio triestino. E per raggiungere questo risultato Romano Mantani aveva dedicato tempo ed energie, esplorando in varie direzioni, interpellando sindaci, contattando enti, parlando con direttori di campeggi...
La Concessione Liburnia
Sempre nell'80 (anni di grande attività) e sempre per interessamento di Romano Mantani, e di altri soci canoisti, fu fondato il Gruppo Kayak Liburnia, oggi peraltro costituito in un gruppo autonomo, che vedeva  nel kayak un mezzo ideale, semplice, essenziale, per praticare un turismo naturista in luoghi meravigliosi e incontaminati come gli arcipelaghi della Dalmazia, navigando con la forza delle proprie braccia o sfruttando la forza del vento, pernottando spartanamente su isole sperdute.



LA FEDERAZIONE NATURISTA ITALIANA - FENAIT

Tom Operti
A coronamento di queste ricerche storiche sul naturismo italiano, merita rilievo la Federazione Naturista Italiana, non solo perché da parecchi anni ha potuto unificare sotto un tetto comune tutte le organizzazioni naturiste improntate al concetto classico (e imperituro) del naturismo internazionale, ma anche perché ha ufficializzato il naturismo italiano ed ha posto fine alle inutili diatribe tra le due associazioni nazionali UNI e ANITA che pretendevano ciascuna, ma in particolar modo l’ANITA di Ghirardelli (Operti confidò allo scrivente di non aver mai avuto l’intenzione di eleggere l’UNI a federazione, ma di essere coinvolto in questa tipica megalomania italiana!), di costituire una federazione a parte, quindi un doppione in un’Italia che nella sua modesta apertura al naturismo non poteva pretendere di presentarsi alla Federazione Internazionale (INF-FNI) con due federazioni nazionali, quando era prassi, anche per semplificazione burocratica, che ogni Paese -  anche quelli naturisticamente più progrediti - avesse una sola federazione.
C’è stata in Italia una corsa a costituire club fittizi o quasi pur di dimostrare di avere un potere eccedente le modeste dimensioni del l’associazione nazionale.
Difficili furono i primi anni della FENAIT che, nel 1980, assunse una veste precisa e ufficiale, in seguito poi uno statuto all’altezza dei tempi.
Daniele Agnoli
La FENAIT è nata praticamente nel 1972 come sviluppo di un accordo federativo che fu stilato nel corso di un viaggio a Rotterdam in occasione di un incontro di nuoto naturista internazionale.
L’accordo fu allora firmato (la data del ritorno da Rotterdam è il 15.11.1971): Wolfram Sperling, Pierluigi Panzacchi, Giuseppe Ghirardelli, Romano Mantani, Tomaso Operti e Daniele Agnoli. La sigla FENAIT fu coniata da Agnoli su Naturismo Genn. 1973.
La creazione di una federazione unica era stata auspicata fin dal principio da René E. Kielinger (Vicepresidente della INF-FNI e cofondatore dell’UNI) ed ha avuto poi il plauso definitivo della federazione internazionale nel 1980, che aveva sempre sostenuto la tesi della federazione unica per ogni Paese.
In oltre 25 anni di vita la FENAIT è stata rappresentata in ordine cronologico da Daniele Agnoli, che è stato il primo presidente, poi da Claudio Ranieri (1974-1978), Armido Chiomento (1978-1981 e 1985-1987), Carla Verdobbio (198 1-1985). Dal 1987 fino alla sua scomparsa è stato presidente Tomaso Operti, ed è stato uno dei periodi più felici della federazione. Successivamente, e purtroppo per breve tempo, è stato presidente con serietà, precisione e compe tenza, Andrea Garuglieri. Dopo di lui, fino all’inizio del 2000, è stato presidente il Prof. Carlo Consiglio, emerito docente di zoolo gia presso l’Università La Sapienza di Roma, persona molto sensibile ai problemi della conservazione della natura. Sotto la sua presidenza, il 10 dicembre 1997, presso il notaio De Franchis di Roma, è stato redatto l’atto costitutivo e lo Statuto della Federazione Naturista Italiana FENAIT.


I brani "Le origini",  "Trieste" e La Federazione Naturiata Italiana - FENAIT""  sono tratti dalla "Storia del Naturismo in Italia" di  Daniele Agnoli - 

Seconda edizione anno 1999-2000